7 Novembre 2014 – Festeggiamenti per il cinquantesimo anno dalla laurea

 

“Gaudeamus igitur”o semplicemente “Gaudeamus”, è l’inno internazionale della goliardia. Non è certamente una mera coincidenza che con questa esclamazione si sia conclusa la serata dello scorso 7 novembre, ricca di emozioni e sorrisi che, agli occhi di chi guarda, parlano da sé.
Una ricorrenza quale il 50esimo di laurea, infatti, per chi lasciò il Collegio nel lontano ’64, è un momento di riflessione e rinnovamento di un legame che nonostante il tempo e i diversi percorsi professionali dei ragazzi di quell’anno, come Franco Iacono, Enzo Balboni, Salvatore Natoli, non si è mai dissolto. Ecco, allora, che ci si rende conto di come quel semplice brocardo “Semel agosti semper agosti”, ritorna vivo ed accende gli animi dei molti “ragazzi”, non tutti purtroppo, che per una sera ritornano, negli atteggiamenti e nei discorsi, quasi Collegiali. E’ facile rivedersi nei loro volti e nei loro discorsi, meno facile immedesimarsi nel ricordo, che inevitabilmente giunge, di quei loro “pari d’anno” che sono tornati al Padre; li ricordano con una commozione mista a ricordo divertito di quegli anni di formazione. I seniores parlano dei loro Maestri, di scienza e di vita; dalla discussione emergono nomi e personaggi, che i più giovani conoscono solo in via indiretta, e che improvvisamente acquistano una consistenza, un volto. Ci si prende poco sul serio, si scherza amichevolmente e si ricordano gli anni di Collegio e di “studio matto”; tempi in cui per apprendere qualcosa bastava solo “saper ascoltare”.
E’ doveroso ricordare quanto, poco tempo fa, scrisse sul social network “LinkedIn” un eccellente ex agostino, il prof. Luciano Corradini, e merita di essere riportato: “Semel agosti semper agosti. Non so se si tratti di un’affermazione retorica o del frutto di un momento di entusiasmo “comunitario”. Per la mia parte io dico che ci ho creduto negli anni ’50 e che in certo senso ci credo ancora. E so che alla mia età l’avverbio “semper” sconfina rapidamente nell’ulteriore, dove il tempo non corrode più la fede e la speranza, ma valorizza all’infinito quel tanto di amore che ci abbiamo messo nel cercare di vivere ‘semel’ da agostini.”

(a cura di G. Trupia)

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